Il direttore sportivo racconta della sua avventura in rosa.
Di un gruppo costruito in poco tempo e delle ambizioni della società.
Ma anche del passato nel Catania.
“Al Palermo abbiamo un monte ingaggi di 913 mila euro in un campionato in cui squadre costruite per vincere hanno speso anche il doppio di noi”.
“In questo periodo vedo più Sagramola che mia moglie, con lui lavoro in grande sintonia così come con il presidente Mirri”.
Il direttore sportivo è come un padre che segue un figlio passo dopo passo.
Inizia così l’articolo di Valerio Tripi su Repubblica, oggi in edicola, che intervista il direttore sportivo del Palermo Renzo Castagnini, uomo taciturno e che preferisce lavorare senza i fari mediatici addosso.
Vi riportiamo alcuni passaggi dell’intervista che potete trovare integralmente su Repubblica in edicola:
“Quando vedi la squadra giocare, i giocatori crescere e fare bene sei contento e se vengono male sei dispiaciuto. Proprio come un padre… tutto ciò che faccio, lo faccio insieme a Rinaldo Sagramola. Gli ho raccontato di avere visto a Coverciano un’amichevole fra una squadra di serie D toscana e una di disoccupati: la prima correva, la seconda camminava. Alla fine ha vinto la squadra che non correva, ma aveva molta più qualità perché era composta da giocatori di C, B e A. E quello è stato il nostro modello. Ma bisognava dare all’allenatore, che è stato bravo in così poco tempo, anche una squadra competitiva agonisticamente. Con Sagramola abbiamo messo un’idea l’uno e piano piano è venuto fuori il Palermo. Abbiamo lavorato insieme per tanti anni, ci confrontiamo tantissimo e abbiamo sintonia… Non m’importa niente del tempo libero. Se lavori non pensi ad altro.
Poi ci sono giornate in cui stacchi la spina, devi farlo ed è giusto farlo.
Quando posso vado a casa e mi ricarico. Lavori meglio se ogni tanto stacchi e riordini le idee..Mi piace molto il vino siciliano, devo essere sincero: in Toscana abbiamo vino buono, ma quello siciliano è davvero buono.
Continua il ds: ”A tavola Palermo è un disastro, si mangia sempre.
Bisogna stare attenti, si mangia bene, c’è una buona cucina. Non sono una buona forchetta, sono un mangiatore normale. Ma a Palermo è difficile mangiare normale… Sono un po’ malato da questo punto di vista. Della D seguo il nostro girone. Il nostro team manager Andrea Siracusa mi manda le partite, ne vedo tre a settimana. Guardo parecchia serie C, parecchia B e la A che guardano tutti… Qui c’è un contesto straordinario per lavorare e il presidente Dario Mirri è una persona straordinaria. Per fare il mio lavoro non c’è di meglio. Il presidente guarda la partita in gradinata, ma poi ci vediamo, ci confrontiamo, ragioniamo e lavoriamo. Non è il settore che cambia le cose… A Catania ho giocato 40 anni fa, ormai è il passato. Sono stato bene, ho giocato quasi cento partite, ho vinto un campionato dalla C alla B e poi ho fatto due anni di B. Ho un bel ricordo, mia moglie è di Catania e mi sono sposato lì. Quando cantano chi non salta è catanese sorrido e mi fa un po’ impressione. Ma ora mi interessa solo il Palermo…”.
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