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La prosopagnosia del Palermo: squadra irriconoscibile. La colpa è davvero di Pergolizzi?

Il Palermo vince, ma non convince. La squadra allenata da Rosario Pergolizzi da un paio di mesi a questa parte non riesce più a macinare gioco e vittorie come all’inizio del campionato.

Durante le prime dieci partite il Palermo aveva dimostrato di essere sempre padrone del campo e capace di imprimere una svolta alle partite qualora avesse accelerato al momento giusto.

La squadra riusciva a schiacciare gli avversari nella propria metà campo con efficacia, costringendo le squadre a chiudersi nella speranza che il risultato restasse in bilico fin quando il Palermo non avesse avuto un calo di concentrazione, che però non avveniva mai.

Dopo la sconfitta col Savoia, però, la squadra ha iniziato ad avere maggiori difficoltà in fase di costruzione e rifinitura, trovando enormi problemi nella trequarti campo avversaria, dove non si riesce più come prima ad incidere con cinismo e cattiveria. Questo ha portato i giocatori ad una graduale involuzione in fase offensiva, con i gol che sono iniziati a stentare e le occasioni che iniziavano a contarsi sulle dita di una mano.

Il Palermo in questo momento pare affetto dalla prosopagnosia: una malattia che porta a non riconoscere più i lineamenti facciali di chi ci sta attorno, talvolta persino i nostri. Ogni giocatore del Palermo se in questo momento potesse vedersi allo specchio non sarebbe più in grado di riconoscere lo stesso giocatore della prima parte di stagione.

In tutto l’ambiente si è andati alla ricerca di un capro espiatorio che potesse dare una risposta a chi si chiedeva di chi fosse la colpa di questa involuzione. Come già sappiamo, dopo anni di gestione zampariniana, nel calcio il primo imputato è sempre l’allenatore.

Rosario Pergolizzi ha le sue colpe essendo il primo responsabile della gestione tattica del Palermo. Infatti una squadra messa male in campo tatticamente è esposta a maggiori errori tecnici da parte dei singoli, il che non permette alla squadra di esprimersi al massimo del proprio potenziale.

Così accade che giocatori come Ricciardo, che hanno bisogno di una squadra efficace che gli crei diverse occasioni, diventa un centravanti qualunque con una discreta media gol. Allo stesso modo Ficarrotta, che si esalta maggiormente negli spazi aperti, non riesce ad incidere e appare sempre confusionario e scarsamente incisivo negli ultimi trenta metri, oppure Kraja che non riesce più a trovare i tempi di inserimento giusti e si dimostra ancora alla ricerca del giocatore che avevamo ammirato durante le prime uscite.

Però è lecito domandarsi fino a che punto tali responsabilità possano essere addossabili interamente all’allenatore e all’aspetto tattico, che come già detto ha indubbiamente un’involuzione. La squadra è apparsa più nervosa nelle ultime uscite, sembra aver perso quella sicurezza nei propri mezzi e giusta cattiveria che serve per vincere un campionato ostico e tempestoso come la Serie D.

Più che un crollo tattico, quello del Palermo sembra essere un crollo mentale di una squadra che sta tentando di rientrare nei giusti binari della motivazione, della concentrazione e della fiducia nei propri mezzi.

Bisogna tornare a credere in noi stessi e nelle nostre capacità, bisogna tenere ben chiaro che non abbiamo seconde chance e che questa squadra ha le ali perché è destinata a volare lontano da certe categorie. È ora di ricominciare a guardarci in faccia e riconoscere nei nostri volti un unico obiettivo: la promozione diretta in Serie C.