Ormai dovremmo esserci abituati alla Serie D, ai campi minuscoli, ad un gioco non brillante ma efficace. E invece siamo ancora qua, pronti a lamentarci per l’ennesima prestazione opaca del Palermo, dimenticandoci che non siamo più tra i professionisti.
In ognuno di noi è vivo il ricordo di categorie ben diverse da quella in cui siamo attualmente, con campioni del calibro di Ilicic e Pastore – per citarne soltanto due – che deliziavano i palati affamati di calcio dei palermitani, e abituandoci ad un calcio fatto di preziosismi, gioco di qualità e superiorità tecnica.
Tutto questo non c’è più, e ognuno di noi stenta ad accettarlo. Così si avvia un meccanismo di rifiuto verso questo Palermo e il suo allenatore, che però resiste tenacemente e allo stesso modo mantiene il primato da inizio stagione.
Tutti noi eravamo abituati al calcio gourmet, un’idea di gioco che basava i propri fondamentali sulla superiorità tecnica dei singoli, sull’estro dei propri giocatori offensivi e sulla garanzia di poter fare almeno un gol in più rispetto agli avversari. Un calcio ricco di sapori ed emozioni, sofisticato nella preparazione ma semplice da ammirare: un modo di intendere il gioco del calcio che richiede ben altri interpreti rispetto alla categoria in cui – è doveroso ricordarlo ancora una volta – il Palermo si trova.
Siamo così tanto abituati ad una cucina d’alto livello che non riusciamo più a gustarci la semplicità e la concretezza dello street food portato in campo dalle idee di gioco di Pergolizzi. Un gioco concreto, arcigno, curato nei minimi dettagli nella fase difensiva e lasciato alle capacità tecniche e tattiche dei singoli in fase offensiva: con questa visione si punta a vincere senza strafare, si punta al gusto conosciuto e non alla ricerca di un nuovo sapore non ancora provato, un gioco senza alcuna combinazione particolare, dove gli elementi si incastrano con naturalezza senza che ci sia bisogno di inventare alcunché.
Fino a questo momento lo street food portato avanti dall’allenatore palermitano ha avuto ragione con la sua concretezza e semplicità, malgrado scontenti i numerosi tifosi abituati ad una cucina gourmet con sapori più delicati e abbinamenti coraggiosi.
Siamo così tanto abituati all’ostrica e al caviale, che non riusciamo più a gustarci un pane ca meusa senza notare la differenza nel livello di preparazione: bisogna tornare ad assaporare i sapori originali, perché senza questi non potremo mai apprezzare tutto ciò che verrà dopo.
Spero che nelle prossime partite si possa ammirare un gioco più decoroso e meno calcolato, perché non si può stare per 90 minuti con il fiato sospeso e con il timore che l’avversario possa pareggiare la partita come è successo col San Tommaso. Se il Palermo avesse segnato 2 o più gol a partita oggi non ci troveremmo nelle condizioni di vedere le squadre avversarie venire a Palermo e giocarsi la partita e il Savoia Ambirebbe solo al secondo posto.
Scusate, ma anche il Palermo di Caramanno era di quarta serie. E penso che allora ci divertivamo lo stesso senza ostriche e caviale. Comunque, turiamoci il naso e andiamo avanti.