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Fede e coronavirus, Frate Spatola: “Saper accogliere Dio è accettare il sacrificio di restare a casa”

L’esigenza di contenere la diffusione del contagio del coronavirus, ha comportato il prolungamento della chiusura delle Chiese almeno fino al prossimo 14 aprile. Nella settimana più importante per la comunità cattolica, questa decisione ha provocato un vespaio di polemiche molto accese fra coloro che in buona fede, ma anche per mera speculazione politica, vorrebbero invece la riapertura delle chiese almeno nel giorno di Pasqua.

La nostra redazione ha raccolto la testimonianza di Padre Domenico Spatola, frate cappuccino della parrocchia “Santa Maria della Pace” di Palermo, fondatore della mensa dei poveri della Missione San Francesco:
“Non posso che concordare con il buon senso manifestato dai Vescovi, che dicono che la Chiesa deve essere aiutata in questo percorso di vita che oggi richiede, in maniera esigente e da parte di tutti, l’impegno di rimanere a casa per evitare un male per gli altri. Non è un problema di religiosità e di esteriorità, ma di saper accogliere Dio in noi e di sperimentare con lui quello che può essere il sacrificio che ci viene richiesto in questo momento per il bene dell’umanità. Si è più vicini a Gesù condividendo questo senso di solitudine al quale siamo costretti a causa di questo virus. Che non è più solitudine se diventa un’espressione di un amore e di un sentimento più grande in favore del prossimo. L’osservanza di questo rigore, che doverosamente ci viene imposto per il bene della collettività, è il nostro modo di testimoniare al meglio questa nostra Pasqua inedita.”

Qual è il suo messaggio ai fedeli che sentono la mancanza dei sacramenti, quale ad esempio l’Eucarestia?
“Dobbiamo regolarci con le direttive dei nostri Vescovi. Oltre ad essere i nostri Pastori, sono anche i padri delle nostre comunità. E come ogni papà, guardano prima di tutto al bene dei figli. Il mondo è in pericolo ed in subbuglio per questo virus. Certamente tutti abbiamo il desiderio dell’Eucarestia, ma dobbiamo evitare che sia occasione di contagio. Nessuno ha idea come domani, Giovedì Santo, mi mancherà la condivisione in Cattedrale con i 400 presbiteri ed il nostro amatissimo Vescovo Lorefice. E’ un sacrificio che facciamo volentieri per il bene della gente, perché sappiamo che c’è un pericolo reale. Non è una scelta che la Chiesa può fare o non fare, non c’è possibilità di poter scegliere. E’ chiaro che Gesù condivide con noi questo momento di attesa. In questa Quaresima ci stiamo rendendo conto della mancanza dei sacramenti.

Ma voglio invitare tutti i cattolici a non farsi strumentalizzare da nessuno. Tanti frati sono stati contagiati, anche il vescovo di Caltagirone, Fra Calogero Peri è risultato positivo e si trova ricoverato. In questo periodo un buon cristiano può condividere i precetti pasquali con i mezzi di comunicazione. Anche io, per esempio, mi sono attivato e, fino a domenica, ogni mattina alle 9:00 mi collego in diretta facebook per parlare con i fedeli della liturgia del giorno.”