Siamo a casa ormai da 40 giorni e gli effetti positivi ci sono, questo è innegabile, ma sono quelli davvero sperati? Sono quelli che la popolazione italiana si aspettava davvero? Oppure l’auspicio era quello di leggere qualcosa di più incoraggiante? All’inizio, quando il primo decreto era da poco stato emanato e il motto “Io resto a casa” si presentava nelle nostre famiglie, c’era aspettativa e sopratutto voglia di ripartire. Nei primi giorni di quarantena forzata i dati erano tutt’altro che incoraggianti, eravamo nel pieno dell’epidemia ed era chiaro non aspettarsi fin da subito risultati concreti, come più volte lo stesso Conte ha affermato nelle sue innumerevoli conferenze stampa.
Adesso i risultati ci sono ma c’è chi dice: “Ancora 2000 contagi sono troppi!“. E’ vero, sono tanti, tantissimi (quelli registrati nella giornata di ieri, 1948 per essere più precisi) dopo un mese e mezzo di quarantena. C’è chi esce e chi forse non tiene alla sicurezza di questo Paese, prima ancora che alla personale salute, ma questo non giustifica comunque i dati troppo alti nella casella di morti e contagiati. Non può farlo. Dopo un mese di sacrifici, forse è doveroso spiegare alla gente che cosa si nasconde davvero dietro quei numeri, che falsi non sono certo, ma neanche del tutto veritieri e la colpa non è certamente dei medici, che combattono per noi in prima linea, non è della Protezione Civile e neanche del governo. Sarebbe assurdo attaccare chi lotta in prima linea per noi in questo momento estremamente difficile. Facciamo però un po’ di chiarezza e spieghiamo che forse non è necessario attendere con ansia il classico “bollettino delle 18.00”.
C’è un numero sulla casella dei contagi, ma è davvero lui? Chiaramente i malati sono di più, forse 10 volte maggiore è il dato rispetto a quello che puntualmente ci viene fornito dalla Protezione Civile ogni giorno. Perche? Siamo 60 milioni in Italia e uno dei giorni che detiene il “record” dei tamponi effettuati ne conta circa 59 mila e questo, la dice lunga su quanti possibili altri contagi ci siano. Quanti italiani hanno il virus e non lo sanno? Quanti se ne troverebbero infetti se si effettuassero più tamponi? Molti di più, ed è la probabilità che ce lo dice. Le diverse regioni del nostro Paese in base a cosa, scelgono di fare i test di verifica ad una persona piuttosto che ad un’altra? La linea metodologica potrebbe cambiare ogni settimana e questo “falserebbe” il numeretto che poi viene recitato da Borrelli in conferenza. Onore al Capo della Protezione Civile però, il quale, ha più volte detto che i dati possono uscire dalla realtà e che i contagiati in Italia sono effettivamente molti di più.
C’è un numero sulla casella dei morti, ma è lui? Il noto giornalista Francesco Costa, fa bene a scrivere che “I morti non sono i morti”. Non c’è molto da spiegare in questo caso: ovvio che tantissime persone sono decedute senza neanche accorgersi di essere state consumate lentamente dal nemico invisibile e che pertanto, i loro decessi, non sono registrati come ufficiali.
C’è un numero anche sulla casella dei guariti, ma è lui? No, non lo è. Attenzione a tutti coloro che sono stati dimessi (nonostante ancora sintomatici o paucisintomatici) dagli ospedali solo per lasciare spazio a pazienti in condizioni disastrose. Dimissione, non significa guarigione, ma in quel dato che tanto attendiamo speranzosi ogni santo giorno sono compresi anche loro: i dimessi ancora malati che sono circa la metà di quelli guariti, come conferma il post twitter di Nino Caltabellotta (Fondatore del Gruppo Italiano per le Medicine Basate sulla Evidenza: “GIMBE”) che di seguito vi mostriamo:
Infine c’è anche un numero sui tamponi effettuati, è lui? In parte. Vengono ufficializzati anche quelli ai quali più volte sono sottoposti i pazienti, per verificare se il Covid è andato via o è ancora in circolo nell’organismo del soggetto. In Lombardia inoltre, bisogna sottolineare che tra il tampone appena andato in porto e la sua inclusione nei dati ufficiali, intercorre un ritardo che può andare dai 3 ai 10 giorni, come fa presente Matteo Villa (ricercatore dell’ISPI) attraverso il suo profilo twitter.
Era importante fare chiarezza sui dati che vengono ogni giorno resi noti dal nostro Capo della Protezione Civile e sui quali probabilmente milioni di italiani affidano le proprie speranze, invano. Il motivo per cui c’è questo ritardo e questa poca chiarezza sui numeri del contagio è difficile spiegarlo adesso, ci sono forse ragioni troppo grandi e sconosciute perfino al mondo dell’informazione. Date importanza a quei dati, perchè è giusto farlo, ma fatelo con la giusta misura e ponderatezza, alla luce di quanto detto.
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