Barbera, i 100 anni di un romanzo rosa.
L’anniversario di un personaggio indimenticabile.
Il «presidentissimo» del Palermo oggi avrebbe tagliato il traguardo del secolo. Fu il più amato dai tifosi.
Arcoleo e Chimenti: «Quante cene a casa sua, era come un padre». Reja: «Mi portava sempre i cannoli».
Il nipote Dario Mirri: «Un modello di valori, li porto sempre con me e cerco di farmi guidare dal suo grande esempio».
Questo il titolo del Giornale di Sicilia, oggi in edicola
Una data storica, per chi ha fatto la storia del Palermo. Renzo Barbera, il presidente delle prime due finali di Coppa Italia, avrebbe compiuto oggi cento anni.
Inizia così l’articolo di Benedetto Giardina che ricorda l’anniversario della nascita del presidente più amato dai palermitani a cui, giustamente, è stato intitolato lo stadio. Uno stadio dove Renzo Barbera ha sofferto, gioito e coccolato i suoi giocatori, con quella eleganza che ancora oggi sottolinea chi lo ha avuto come patron.
Arcoleo: “È stata l’anima del calcio palermitano, il ricordo più bello che ho è il sorriso che regalava a tutti, anche a Gonella! Dopo la finale persa contro il Bologna, ci diede il premio partita da tre milioni, perché di fatto non meritammo di perderla, come poi hanno avuto modo di ammettere anche Savoldi e Bulgarelli. Considerava la squadra parte della sua famiglia, quante volte ha invitato i giocatori a cena nella sua villa, in via dei Nebrodi. Ci trattava al pari dei suoi figli”.
Reja:”Ho girato tanto, ma è stato uno dei presidenti più signorili mai avuti. Oltre ai ricordi dei miei cinque anni a Palermo, mi restano impressi i cannoli e la cassata che mi portava ogni volta che tornavo da allenatore. Questo dice tanto del suo affetto nei confronti dei suoi calciatori. Merita di avere uno stadio col proprio nome”.
Chimenti:” era un presidente che gioiva con noi, non uno di quelli che stava in ufficio. Ricordo che dopo una vittoria per 3-2 sul campo del Genoa non potemmo rientrare a causa del maltempo e lui prese l’aereo per venirci a trovare a Roma, dove arrivammo in treno a mezzanotte. Inoltre con lui non c’erano questioni contrattuali, per lui giocammo pure senza prendere stipendi per mesi, accettando di essere pagati a fine campionato”.
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