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Coronavirus, affari sulle mascherine cinesi: indagata l’ex presidente della Camera Irene Pivetti

La Finanza di Siracusa ha sequestrato in varie città novemila mascherine importate dalla Cina, che fanno capo alla società creata dall’ex presidente della Camera Irene Pivetti.

Il reato ipotizzato è frode nell’esercizio del commercio. La Pivetti dopo avere abbandonato la politica si era ormai gettata a capofitto nell’imprenditoria e gestiva come amministratore unico la “Only Italia Logistics“: adesso risulta indagata.

Le Fiamme gialle le contestano che i dispositivi appartengano a una partita di merce per la quale il direttore centrale dell’Inail (competente a ricevere comunicazioni di produttori e importatori) ha vietato alla società importatrice l’immissione in commercio.

Proprio il commercio in Oriente in questi anni era stato molto redditizio per la Pivetti che era riuscita a stabilire numerose relazione e di fronte alla pandemia in corso, ha chiuso un contratto con la Protezione Civile per importare dalla Cina 15 milioni di mascherine ( Ffp2 il requisito richiesto) per un totale di 30 milioni di euro, che lo Stato, secondo la precedente normativa, avrebbe pagato per il 60% in anticipo e il 40% alla consegna.

Questo contratto in origine prevedeva che Irene Pivetti potesse commercializzare, in piccola parte, queste mascherine attraverso canali privati. Ma, secondo le indagini della Finanza, la società che faceva capo alla Pivetti rivendeva le mascherine, anche ad alcune farmacie nel Savonese, con ricarichi fino al 250 %.  Inoltre per le mascherine mancava la certificazione richiesta. 

Inoltre ci si chiede adesso come abbia fatto una società così piccola ad ottenere l’autorizzazione a vendere mascherine. E per trovare una risposta a questa domanda è necessario ricostruire i traffici della galassia architettata proprio dall’ex leghista.

La «Irene Pivetti Corporation» è un gruppo fatto di fondazioni, cooperative, onlus e società internazionali. Promette e «vende» consulenza e relazioni. Gli affari però sono ben nascosti e celati così come un fallimento in corso. Si chiama Only Italia la rete di business proiettata verso la Cina: «Rete nazionale di distribuzione e promozione sul grande mercato cinese».  Il sito della compagnia però è inaccessibile e le sedi delle holding sono fuori dall’Italia: una a San Marino, un’altra in Polonia,ma non vi è traccia tangibile di proiezioni internazionali del business.

La piccola repubblica, però, garantisce una certa efficienza burocratica , un sistema bancario «protetto», riservatezza, rapporti e trattati economici con la Cina. Dati economici consolidati non sono disponibili e il fatturato della Logistics è di soli 72mila euro. I ricavi sono i grandi assenti di questo arcipelago societario.

Il «Gruppo Europeo di interesse economico per lo sviluppo dell’Eurasia e del Mediterraneo» non ha finora lasciato tracce nel «promuovere grandi opere infrastrutturali», come riporta Microsoft News. Il «Centro clinico sino-italiano in Italia» che la «Fondazione per lo sviluppo Italia-Cina» presieduta dalla Pivetti aveva lanciato insieme a 8 cinesi per creare una rete di poliambulatori, non ha mai dato segni di vita.

A smascherare Irene Pivetti il crack della holding in Polonia, che ha cambiato nome in «Società di servizi per la Cina» quando le cose hanno cominciato ad andare male, temendo che con “Only Italia” si potesse risalire facilmente ad Irene Pivetti.

La Procura indaga nonostante le proteste dell’avvocato Palumbo che afferma: “L’ipotesi di reato è inconsistente : le caratteristiche delle mascherine rispettano alla lettera il contratto con la Protezione civile e confido che saranno tutte dissequestrate“.