“La bicicletta la feci solo a Palermo, mi sentivo felice. Sono stati due anni speciali, l’unico rammarico è la finale di Coppa Italia”.
“Sono andato a vedere la gara con il Bisceglie, non è stato un bel pomeriggio. A questa squadra mancano un centrale e un bomber”.
“A gennaio spesso inizia un nuovo campionato, dopo ci sono i play-off. Per ora bisogna muovere la classifica, poi può accadere di tutto”.
Questo il titolo del Giornale di Sicilia, oggi in edicola.
Vito Chimenti ha giocato due sole stagioni nel Palermo, dal 1977 al 1979, sempre in Serie B. Ma per quella generazione di tifosi è come se non avesse mai smesso la maglia rosanero.
Questa l’apertura dell’articolo di Carlo Brandaleone nella sua rubrica Cuori Rosanero, dove raccoglie la testimonianza di uno dei giocatori più amati dai tifosi palermitani.
“Mi aveva portato a Palermo Nando Veneranda, mio compagno di squadra nel Matera e poi allenatore a Palermo… Durante la partita provai la bicicletta, saltando il difensore azzurro Catellani. Sentii dagli spalti qualcosa come un “oohhhhh” di sorpresa e poiché nella stessa partita segnai due gol, entrai subito nei cuori di quella tifoseria che ancora non mi conosceva… Feci sedici gol il primo anno, tredici il secondo. Mi seguiva anche la Juve. Qui era come una famiglia, gli stipendi non arrivavano e spesso Erminio Favalli, che era passato dal ruolo di calciatore a quello di direttore sportivo, li anticipava lui che aveva un’attività commerciale a Cremona con la sorella… Mi voleva la Fiorentina ma il Catanzaro offrì di più e il Palermo aveva disperato bisogno di soldi. Proprio Favalli mi pregò di andare a Catanzaro, dove ritrovai Valerio Majo e Nino Trapani. Giocare in Serie A con una squadra provinciale è difficile. Gli allenatori schierano solo una punta e lì Palanca era intoccabile. Insomma, non andò benissimo e non provai mai più la ‘bicicletta’, che considero ancora un omaggio al pubblico di Palermo. Bisogna essere in un particolare stato d’animo per provarci e io a Palermo ero felice, sarei rimasto tutta la vita qui…”.
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