Il faccendiere intercettato: «Io oggi devo dare in culo ai Tribunali e questa relazione non è altro che un primo flash».
Quelle manovre pericolose del puparo: «I soldi spostiamoli nell’ altro conto».
Nell’ordinanza del gip tracciate le modalità dell’azione degli indagati: «Un vero e proprio metodo criminale utilizzando crediti Iva inesistenti».
Le casse da svuotare. Il denaro sottratto ai creditori con parcelle di professionisti collusi per 350 mila euro.
Questo il titolo del Giornale di Sicilia, oggi in edicola .
Chissà se adesso il puparo, come lo chiama il giudice, è preoccupato davvero. Salvatore Tuttolomondo con 10 euro voleva incassare 40 milioni. Sarebbe stato un colpaccio da maestro (della truffa) e invece è finita male.
Inizia così l’articolo di Leopoldo Gargano che sottolinea come forse oggi Salvatore Tuttolomondo, con le accuse che ha alle spalle, preoccupato lo sarà davvero: bancarotta e la distrazione dei beni, più una serie assortita di falsi e autoriciclaggio.
Il giudice che ha ordinato l’arresto dei fratelli siculo-napoletani ha fatto una ricostruzione puntuale di un’operazione che tutto sommato era semplice: comprare con 10 euro il Palermo, sperare nei 40 milioni della promozione, più il parco giocatori (20 milioni circa) e gli incassi di uno stadio da 40 mila spettatori.
Fallita la promozione, cominciano i problemi perchè bisognava pagare gli stipndi, i debiti, l’iscrizione. E non avevano soldi. Iniziano una serie di imbrogli che terminano con l’esclusione dal campionato.
La richiesta del’arresto nasce dal pericolo che i Tuttolomomdo potessero reiterere il reato. Le parole del giudice Lorenzo Jannelli, che sottolinea lo stile spregiudicato come un marchio di fabbrica, sono chiare: “Appare assai probabile che ciò che gli indagati hanno compiuto sul Palermo Calcio, ossia cercar di acquisire con pochi soldi una società prossima al dissesto finanziario per cannibalizzarne ogni residua risorsa, possa essere realizzato anche ai danni di altre società.. Le modalità dell’azione realizzata dagli indagati denota, innanzitutto, un vero e proprio metodo criminale fondato sulle competenze societarie dei Tuttolomondo e del loro entourage. L’utilizzo di crediti Iva inesistenti da portare in compensazione fiscale, costituisce evidentemente una prassi che risulta sperimentata anche per altre società del Gruppo Arkus…Prima che la “barca affondasse” , e la società, a seguito di istanze sia della procura che dei giocatori i cui stipendi non sono stati pagati, venisse dichiarata fallita, Tuttolomondo ed i suoi collaboratori ed i loro professionisti, hanno depredato il più possibile le liquidità rimaste in società, attraverso pagamenti preferenziali e condotte di bancarotta per distrazione…”
E lo stesso giudice definisce Salvatore Tuttolomondo “il puparo”, poichè, senza lacuna carica precisa in società, è lui a muovere tutte le pedine di questo imbroglio:
“SalvatoreTuttolomondo ha chiaramente manifestato una personalità criminale preoccupante per la padronanza tecnica in materia societaria unita a singolare scaltrezza , capace di radunare una serie di soggetti pronti a mettere a disposizione le loro professionalità per raggiungere le finalità illecite, se del caso con mistificazioni della realtà negoziale e accorgimenti giuridici distorti rispetto alle reali premesse“.
E per completare il quadro sulla persona dei Tuttolomondo vengono citati nell’ordinanaza due situazioni particolari, dei precedenti giudiziari di Tuttolomondo, «condannato a più riprese per reati di bancarotta fraudolenta , Corte di appello di Palermo, 13 febbraio 1998 e Corte di appello di Venezia, 13 luglio 2009».
E il secondo relativo «all’attitudine dei fratelli Tuttolomondo a frodare i creditori».
In una telefonata intercettata il 29 agosto 2019, il fratello Walter informava Salvatore che c’era un pignoramento di 137 mila euro a carico di una loro società. L’altro risponde: «E intanto spostiamoli sull’altro conto…», scrive Gragano in conclusione di articolo.
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