Il calcio intreccia le nostre vite, scandendo gli attimi che ci accompagnano nel corso degli anni e rendendo certe giornate memorabili, degne di essere ricordate a causa di un gol o di una cocente delusione.
Tutto ciò che accade all’interno di un campo da gioco va ben al di là dello stesso rettangolo verde: finisce per invadere la nostra quotidianità, il nostro senso di appartenenza ad una comunità che si ritrova per il giorno della partita. Ogni comunità ha la propria storia, un percorso in cui si trovano delle radici spesse e salde, che sono le fondamenta necessarie per qualsivoglia tipo di progetto sportivo all’interno di una comunità popolare.
Allo stesso modo, Palermo-Catania è molto più di un derby. L’incontro tra le due principali città siciliane non rappresenta unicamente uno dei match più importanti della stagione per entrambe le tifoserie, non rappresenta soltanto una sana rivalità sportiva, bensì fa parte di quelle radici necessarie per sviluppare il senso di appartenenza ad una città che molto, troppo spesso abbandona la propria gente. E la storia del derby tra le due siciliane è proprio una storia di abbandoni.
Se ci si ferma a guardare il palmarès delle squadre meridionali, e lo si confronta con quello delle squadre settentrionali, si noterà un’apparente stranissima coincidenza: laddove al Nord troviamo numerosi scudetti conquistati nelle mani della Pro Vercelli, del Genoa e non solo, ne troviamo molti meno nelle bacheche delle squadre del Sud come Bari, Catania, Palermo, Napoli. Il motivo di tale disparità è presto detto: il Sud, anche sotto l’aspetto sportivo, è stato abbandonato dal Nord fin dai primi anni dalla fondazione del gioco del calcio. Come sottolineato dallo storico Giovanni Tarantino in una recente intervista al Periodico Italiano “il campionato italiano, a girone unico dal 1929-30, è una mutuazione dei campionati del Nord“.
Così, prima di attendere l’unificazione calcistica del Paese, il Sud decide di organizzarsi per conto proprio, dando vita a piccole competizioni di carattere locale che, per un periodo discretamente lungo, hanno visto l’alternarsi dell’egemonia calcistica tra Palermo e Napoli.
È il caso della Coppa Lipton, una competizione calcistica fondata nel 1909 e sciolta nel 1915 (sebbene ci siano fonti contrastanti in merito all’ultima competizione giocata con questa denominazione) in cui si affrontavano esclusivamente squadre appartenenti alla Campania e alla Sicilia. Malgrado non vi siano documenti certi che testimonino senza ombra di dubbio che sia andata in questo modo, è plausibile ipotizzare che il primo incontro tra Palermo e Catania sia avvenuto proprio all’interno della competizione meridionale.
Palermo e Catania, entrambe allora abbandonate dal Nord Italia come tute le altre squadre del Sud, erano allora compagini molto differenti rispetto a come siamo abituati a figurarcele oggi. I cugini all’epoca non erano la squadra egemone della Sicilia orientale: la Sport Club Leonzio, la Carlentinese, e non solo, erano alcuni tra i club maggiormente in vista all’epoca. Ma tornando alla storia del derby di Sicilia, e dunque nella fattispecie alla Coppa Lipton, il Palermo di allora in quella competizione fu un vero e proprio rullo compressore: in 7 edizioni disputate, i rosanero furono capaci di vincere per ben 5 volte.
Quando Palermo e Catania si affrontarono per la prima volta, in campo non scesero una compagine rosanero e una rossublù: per vedere gli etnei con i colori sociali odierni bisognerà attendere il 1929; fino a quel momento l’Unione Sportiva Catanese, così era denominata allora la squadra di Catania, scendeva in campo con la maglia bianco-verde. C’era in quel tempo un clima strano, quando per la prima volta le due compagini si incontrarono: erano gli anni immediatamente precedenti ad un evento che avrebbe sconvolto il globo intero, la prima guerra mondiale, e nessuno poteva neanche lontanamente immaginare quanto il calcio sarebbe stato in grado di entrare nel cuore degli italiani negli anni a venire.
Il clima non era meno confuso quando, nel giorno di Natale del 1935 le due compagini siciliane si affrontarono per la prima volta in una competizione ufficiale: si trattava di una partita di Coppa Italia, e ad avere la meglio furono gli etnei, che trionfarono per 1-0 dentro uno stadio che ha il nome di una leggenda, il Campo dei Cent’anni. Ubicato in Piazza Giovanni Verga, la vecchia struttura sportiva degli etnei fu poi rimpiazzata dall’odierno Cibali a partire dal 1937. La struttura all’epoca poteva ospitare non più di 6000 persone, ma malgrado ciò si trattò di una partita molto combattuta e sentita da entrambe le parti, tesa, e niente affatto scontata. A consegnare la partita ai rossoblù fu Erasmo Franzoni, energica ala che diede parecchio filo da torcere in quella partita ai palermitani.
La rivincita, e la prima vittoria rosanero nel derby, arrivò solo due anni dopo in Serie B proprio sul Campo dei Cent’anni, quando i palermitani furono in grado di imporsi sui catanesi per 0-1, grazie alla rete decisiva di Oliviero Icardi, attaccante uruguagio arrivato dal Penarol nel 1935. I rosa conclusero quella stagione guidati dall’allenatore ungherese Csapkay al settimo posto in serie cadetta, mentre gli etnei retrocessero.
Dopodiché Palermo e Catania si affrontarono altre cinque volte fino all’8 marzo 1942 quando, in seguito a varie vicissitudini affrontate da entrambe le squadra, le due compagini furono costrette ad abbandonarsi per quasi 14 anni. Il derby tornò dunque ad essere giocato nel 1956 presso il Cibali, e questa volta le squadre finirono per ottenere un pareggio sia all’andata che al ritorno. La partita tra le siciliane è sempre stato occasione di unione e tensione, una partita in cui entrambe vogliono dimostrare di essere più forti rispetto all’altra; accade così che entrambe le squadre, per ragioni diverse, finiscono per annullarsi: Palermo e Catania dal 1956 fino al 1959 non ottengono altro che pareggi, fino a quando i rosanero sbloccano la stasi che si era venuta a creare negli ultimi incontri grazie al guizzo decisivo di Corrado Perli, nel corso della 27° giornata di Serie B 1958/59.
Palermo e Catania, evidentemente, amano pareggiare. La prima volta che le due squadre si affrontarono in Serie A nel lontano 1961 ottennero niente di meno che un pari col risultato di 0-0, col risultato “X” che continuò a caratterizzare il derby siciliano fino al 1965, quando fu di nuovo il Palermo a tornare alla vittoria grazie ad una vittoria risicata ottenuta con la rete di Giorgio Fogar.
Da quel momento le due compagini siciliane difficilmente finirono per abbandonarsi ancora: entrambe hanno avuto un rispettabile score nelle categorie più basse del calcio italiano con qualche apparizione, più o meno duratura, all’interno delle vette calcistiche nostrane. Una breve pausa interruppe questo “idillio” tra le due squadre, ovvero quella che si ebbe tra 1986 e il 1988, ma nulla di così lungo come accade dal 1942 al 1956 o dal 2013 fino al… 2020.
L’abbiamo detto all’inizio, ed è giusto ripeterlo ora: Palermo-Catania è una storia fatta di abbandoni. Due squadre abbandonate dal Nord Italia che si ritrovano faccia a faccia per la prima volta all’interno di una competizione a carattere regionale dominata dai rosa, due compagini che hanno conosciuto diversi colori sociali e diverse proprietà nel corso degli anni, due squadre amate, sedotte e abbandonate da un calcio che, forse, non fa per loro. Due team che si sono abbandonati più di sette anni fa con la promessa di non risparmiare i colpi la prossima volta che si sarebbero rivisti. Perché l’incontro tra Palermo e Catania è molto più di un derby: è lo scontro calcistico tra due città abbandonate che hanno fame di riscatto, gioia e bellezza.
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