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Soleri

Muzzi: “Soleri come Toni, io ci credo ancora”

L’ex attaccante romanista lo ha avuto negli Allievi: «Giocava da centrocampista, gli ho cambiato ruolo».

Edoardo Soleri è l’uomo del momento dei rosanero, avendo portato la firma in ognuno dei risultati ottenuti dal Palermo con due gol in due gare. Eppure, il giovane talento, neppure giocava da punta all’inizio della sua carriera, faceva il centrocampista, prima di arrivare agli Allievi della Roma. E’ lì che ha trovato Roberto Muzzi, che gli ha cambiato ruolo e intervistato dal Giornale di Sicilia, parla così oggi di Soleri:

Ho visto che sta segnando in queste prime partite e sono felice per lui”.

Alla domanda se possa essere l’anno della consacrazione risponde: “Edoardo merita una società che punti su di lui. Spero che il Palermo lo faccia, perché gli darà tante soddisfazioni. Se c’è qualcosa in cui deve migliorare, forse, è sul lato caratteriale, perché è un ragazzo molto sensibile. Se sente la fiducia di chi gli sta attorno, però, riesce ad esprimere appieno tutto il suo valore. Sono convinto che diventerà un attaccante importante“.

Sul paragone con Luca Toni ribatte: “Il paragone con Toni lo faccio ancora. Gli somiglia tanto, le caratteristiche sono simili. Anzi, mi sbilancio, può far bene proprio come Toni. È ancora giovane“.

Sul suo primo ruolo, quello di centrocampista…

Faceva l’interno di centrocampo a tre. Ha corsa, ha progressione e ha velocità, è qualcosa di inusuale per il suo fisico, ma non aveva i tempi per fare il centrocampista. Per questo mi sono impuntato per farlo giocare da attaccante, poi il resto si è visto sul campo: da che non doveva giocare mai è diventato un punto fermo della mia squadra, poi è arrivato in Primavera e ha pure giocato in Champions League con la Roma“.

Sul modo in cui ha convinto lo stesso Soleri: “L’avevo nel gruppo degli Allievi e voleva giocare per forza a centrocampo. Un giorno l’ho letteralmente minacciato, nello spogliatoio. Gli ho detto che se non avesse giocato da attaccante, non avrebbe più messo piede nella mia squadra. S’è messo a piangere, gli ho chiesto un mese per lavorare sui movimenti da punta per poi decidere il da farsi. È stato bravissimo, ma poi è sempre stato un ragazzo umile, con voglia di imparare. Mi ha ascoltato e da lì ha preso fiducia, ha iniziato a segnare non l’ho tolto più dal campo“.

Sulla modalità di stare in campo, se unica punta o in un attacco a due…

Può fare pure la punta unica, ma con uno vicino può dare ancora di più. Può segnare lui e può fare segnare gli altri“.

 

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