Palermo – “Semaforo Rosso”, il primo film di Guglielmo Brancato.
Un dramma psicologico nella Sicilia di oggi.
Questo il titolo di un articolo su GdS.it, che descrive le fasi di realizzazione, le difficoltà ma anche la passione del giovane regista palermitano che ha messo in scena le sue angosce, le sue fantasie, la sua visione della vita. “Semaforo rosso” è il suo primo lungometraggio e procede a gonfie vele; nonostante le difficoltà economiche, logistiche e strutturali, le riprese si avviano alla conclusione.
Brancato, quasi laureato in Fisica, fotografo, viaggiatore ma soprattutto insorgente regista, poliedrico e brillante, ha vissuto fra Palermo, dove è nato nel 1997, e Napoli, città nella quale ha conseguito la maturità classica presso la Scuola Militare Nunziatella. Vi riportiamo alcuni passaggi dell’intervista che potete trovare su GdS.it :
‘’Ero in auto, fermo al semaforo di viale Lazio, e aspettavo diventasse verde. Pur di non accettare l’infinita attesa, accarezzavo la mia ragazza. Appena rientrato a casa, ho pensato che il semaforo fosse una scusa perfetta per dare un bacio, un abbraccio. Ho iniziato a scrivere un dialogo tra due sconosciuti circa l’amore e il romanticismo, volevo girarlo in piano sequenza lungo viale Libertà. Qualche tempo dopo quell’amore è finito, e ho dovuto affrontare molti dolori e riflessioni. Così il semaforo è diventato un luogo astratto, dove l’attesa, o meglio, la noia diviene materiale. Un giorno ho scelto di vivere la noia con consapevolezza. Il giorno dopo Semaforo Rosso non era più un corto sul romanticismo, ma un lungo su come un amore finito richieda una pausa. Non affrontando la pausa, si rischia una morte interiore. Non bisogna sfuggire al dolore, ma affrontarlo e sviscerarlo, riflettendo sul lungo termine”.
Il film racconta tramite flashback il viaggio eroico del “personaggio del personaggio” di Enea, studente universitario di Fisica, che dopo aver perso i genitori, vive in casa della sua fidanzata del liceo, Maria. Quest’ultima, forte della sproporzionata ospitalità, sottomette Enea psicologicamente costringendolo a vivere nel rispetto del suo codice di valori. Si articola così la narrazione delle finte emozioni che recita quotidianamente lo studente e di quelle vere che deve reprimere per rimanere nel suo personaggio, come l’amore per Nadia, ragazza che incontra in treno ogni mattina. Il protagonista, in perenne confusione tra sogno e realtà, metterà in discussione il concetto stesso di libertà, sentendosi incatenato dalla pressione sociale e dai limiti della natura umana, incapace di fargli immaginare un mondo diverso da quello in cui esiste.
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