Miccoli, il verdetto della Cassazione
La seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 3 anni e 6 mesi di carcere a Fabrizio Miccoli per estorsione aggravata da metodo mafioso. I giudici, secondo quanto riportato da Adnkronos, hanno respinto il ricorso dell’ex attaccante del Palermo, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale della Suprema Corte Fulvio Baldi.
I fatti
I fatti di cui è accusato Fabrizio Miccoli risalgono ad ormai una decina di anni fa e riguardano il rapporto intercorso tra quest’ultimo e Mauro Lauricella, figlio di Nino, mafioso del quartiere Kalsa. A quest’ultimo, condannato a ottobre scorsa in via definitiva a sette anni di reclusione, in particolare, l’allora bomber del Palermo – in base a quanto emerso dalle lunghe indagini portate avanti dagli inquirenti – aveva chiesto di intercedere per la restituzione di ventimila euro all’imprenditore Andrea Graffagnini per conto del suo amico Giorgio Gasparini. Il denaro in questione era il frutto della cessione della discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine.
A sconvolge l’opinione pubblica, a quei tempi, non furono soltanto le pesanti accuse rivolte a Fabrizio Miccoli dalla magistratura, bensì anche soprattutto alcune intercettazioni telefoniche tra quest’ultimo e Mauro Lauricella emerse proprio a margine delle indagini. Nel corso delle conversazioni, infatti, l’allora capitano del Palermo infangava la memoria dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, riferendosi loro con epiteti dispregiativi. L’ex giocatore successivamente lasciò il capoluogo siciliano per tornare a Lecce, sua città d’origine, e si scusò pubblicamente per le sue affermazioni. La figura di una delle bandiere del club rosanero, tuttavia, ad oggi resta ancora macchiata dalle questioni extracampo.
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