Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono, scriveva Rossini nel suo Barbiere di Siviglia. E questa frase sembra fatta apposta per il Palermo. Suscita svariate manifestazioni di interesse ma nulla di fatto. Tutto fumo e niente arrosto; belle intenzioni che rimangono tali. Perché?
Scartiamo subito l’ipotesi del fallimento a stagione in corso perché, visti i tempi strettissimi e la classifica, sarebbe l’anticamera del baratro e concentriamoci invece sul chiederci perché.
Perché i potenziali acquirenti si avvicinano chiedendo i documenti e poi si defilano? Le cause possono essere tre:
1-si tratta solo di acquirenti virtuali che sondano il terreno ma non hanno reali intenzioni o cercano solo un momento di visibilità.
2- si avvicinano seriamente, guardano le carte e si spaventano.
3- si fanno avanti ma capiscono che chi dice di vendere non è poi così convinto.
Sì perché purtroppo dobbiamo anche prendere in considerazione quest’ultima ipotesi e cioè che l’attuale proprietà, magari dietro suggerimento/consiglio della vecchia e storica proprietà, non voglia al momento veramente cedere ma ci pensa, tentenna, aspetta magari la fine della stagione per capire bene cosa fare. Ipotesi fantasiosa ma ci potrebbe stare e la gente in città ne parla.
Certo ci sarebbe il problema stipendi e risorse per finire il campionato, Ma le vie del Signore sono infinite e le voci che arrivano sembrano tranquillizzare per la prossima scadenza.
E Intanto il tempo se ne va, tra i sogni e le preoccupazioni. Altro testo (questo di Celentano) che calza a pennello.
Tra i sogni di vedere un nuovo proprietario ricco e affidabile e le preoccupazioni che la situazione non si sblocchi e si vada incontro al buio.
Però restiamo tranquilli perché il presidente Foschi più volte ci ha detto che nel caso in cui Mirri non trovasse acquirenti, lui ha già pronto un gruppo importante.
Quindi stiamo sereni. O no?
.
Altre news
Palermo, attesa per Di Francesco: a Modena rientro da titolare?
VIDEO – Storie Rosanero, i bomber di un Palermo che fu: Calloni e De Rosa
Palermo, non è sempre colpa della sfortuna