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“Palermo indimenticabile. E’ sempre con me…a casa”. L’intervista a Pastore

Palermo, Cavani, Delio Rossi, Sabatini e una moglie palermitana. C’è tanto Palermo nelle parole di Javier Pastore

Intervista molto toccante quella realizzata dal sito ufficiale della Roma con Javier Pastore indimenticato giocatore rosanero. nella parole del fantasista ex Palermo, tutto il suo legame con la maglia rosanero e la città.

Ve ne riportiamo alcuni passaggi:

Come nasce la tua cessione al Palermo?
“Sono venuti a osservare le mie prestazioni per due mesi. Per me era un sogno giocare in Europa. È stato straordinario, mi hanno convinto subito. Non ci ho pensato due volte. Alla prima possibilità ho accettato”.

Hai avuto un po’ di paura?
“Mai, nessuna paura. Era il mio sogno. Venivo per la cosa che so fare meglio: giocare a calcio. La mia famiglia mi ha supportato, perché è venuta con me. E tutto questo mi ha dato tanta fiducia”.

Cosa di porti dentro dall’esperienza al Palermo?
“È stata un’esperienza bellissima. Rappresentano due anni indimenticabili. La squadra giocava bene, abbiamo fatto cose importanti in quegli anni. Siamo arrivati quarti in campionato, a un punto dalla Champions, in finale di Coppa Italia, abbiamo giocato l’Europa League. Abbiamo fatto delle cose che non si vedevano da anni in quella città. Ho tanti bei ricordi, la gente è stata magnifica con me. È il posto in cui ho conosciuto mia moglie. Rimarrà sempre nel mio cuore, una parte della Sicilia è con me a casa”.

Quando è arrivata l’opportunità del PSG?
“Il secondo anno ho fatto molto bene a Palermo e avevo già capito che per la società la mia cessione avrebbe rappresentato una grande opportunità, con i ricavi potevano mettere su una nuova squadra. Per me rappresentava un passo importante per crescere e migliorare. Negli ultimi due mesi della mia seconda stagione al Palermo si parlava già di una mia uscita. C’era il mio agente a lavorare su questo aspetto, ma gli ho detto che non ne volevo sapere niente, volevo concentrarmi sul campionato”.

qual è il calciatore con cui ti sei trovato meglio?
“Ce ne sono stati tanti. L’attaccante più forte con cui ho giocato è Cavani, perché va a genio con le mie qualità. A me piace fare assist per i gol e ho avuto un buon feeling con tanti compagni di squadra, ma con lui più di tutti: è devastante come punta. E poi non posso non citare Ibrahimovic..

Qual è il consiglio più importante che hai ricevuto in carriera?
“Io ho tante persone che mi hanno aiutato. Il mio agente per primo, Simonian, sto con lui da 16 anni e mi ha sempre detto di concentrarmi solo a giocare. Una delle tante cose che mi ha insegnato. Poi calcisticamente mi ha toccato tanto Walter Sabatini, la persona che mi ha portato in Europa. Lui mi dava tanti consigli quando lavoravamo insieme a Palermo, parlavamo praticamente ogni giorno”.

Cosa ti diceva?
“Mi parlava di tutto, di vita e di calcio. Ero come un figlio. Arrivato a Palermo non riuscivo a fare nulla, nemmeno in allenamento. Mi chiamava nel suo ufficio a rivedere la partita giocata la domenica. Facevano quaranta gradi in quell’ufficio e io volevo andare in spiaggia. Lui mi teneva lì a rivedere il match e mi diceva “riguardatelo tre volte e poi mi dici cosa hai notato”. Andava via e faceva le sue cose, dopo il novantesimo tornava e mi diceva “ok, cosa hai notato?”. E io rispondevo: “Direttore, ho fatto qualche giocata buona”. E lui ribatteva “no, qua hai alzato un braccio contro un compagno perché non ti ha passato la palla, qui non hai corso dieci metri indietro”. Mi segnalava una serie di cose che uno non vede a 19 anni. E lui me le ha fatte notare tutte. Sono stati dettagli importanti dentro e fuori dal campo. Calcisticamente mi ha aiutato tanto”.

Quanto ti hanno fatto crescere gli anni al Palermo?
“Moltissimo. Oltre al rapporto con Sabatini, Delio Rossi mi ha insegnato dei movimenti in un mese che nessuno mi aveva mai detto in tutta la mia carriera. Facevamo un lavoro individuale, io e lui da soli al termine dell’allenamento. Pensavo che non mi servisse a niente, ma mi disse “per un po’ non giochi titolare e vai in panchina, quando finisci un mese di tattica con me ti rimetto in campo”. Fu di parola: dopo trenta giorni mi schierò titolare, ero un altro giocatore”.