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Eparina, antibiotici e cortisone: ecco il mix di cure adottato dall’Ospedale Cervello per bloccare il coronavirus

Farmaci sperimentali, non c’è dubbio, ma anche l’Ospedale Cervello di Palermo e il Covid Hospital di Partinico utilizzano l’eparina, l’idrossiclorochina, gli antibiotici, il cortisone e gli anticorpi monoclonali: essi servono per bloccare la proteina Spike, una delle componenti del Virus Sars-Cov-2.

I medici siciliani così, come riporta proprio il Giornale di Sicilia, sulla scorta di quanto già provato dai medici cinesi, lombardi, veneti studiano questo mix di farmaci a seconda delle condizioni dei pazienti e il farmaco che meglio si può adattare alla situazione specifica di gravità.

Una terapia che si sta affinando ma che non deve sicuramente avere degli effetti collaterali sull’uomo. Una sperimentazione che per il momento sembra dare i suoi frutti, dato che i miglioramenti sono costanti ed evidenti.

Fino a ieri le persone affette da Coronavirus e ricoverate all’Ospedale Cervello di Palermo erano 23:dodici al reparto di Malattie Infettive, tra cui una signora di 96 anni che si sta riprendendo; altre nove in Pneumologia che hanno bisogno del sostegno della maschera per l’ossigeno e solo due in terapia intensiva costrette alla ventilazione assistita.

A spiegare come vanno le cose  Enzo Massimo Farinella, direttore dell’unità operativa di Malattie Infettive dell’ospedale Cervello: «Non abbiamo dovuto attivare il nostro piano di emergenza ma saremmo in grado di attivare no a 150 posti letto. Per fortuna la curva del contagio in Sicilia è stata più bassa rispetto ad altre regioni.

Sul fronte della terapia ci muoviamo con i protocolli dell’agenzia italiana del farmaco e dell’Istituto superiore di sanità puntando sull’eparina, che limita il rischio di trombi e embolie, su antibiotici come la zitromicina e sull’anticorpo monoclonale tocilizumab, utilizzato per l’artrite reumatoide, con i quali abbiamo ottenuto buoni risultati. L’idrossiclorochina, originariamente un antimalarico, è un altro dei farmaci che associamo a questo gruppo ed è uno dei punti fermi, che usiamo per sette giorni in tutti quei pazienti che hanno una polmonite, perché stimola il sistema immunitario a dare una risposta all’aggressione virale».

Un’altra caratteristica che colpisce è la tempestività: “L’orientamento sui pazienti sintomatici –continua il professor Farinella – è di cominciare rapidamente il percorso terapeutico facendo il tampone, una radiografia del torace e sottoponendoli a una valutazione clinica, anche attraverso una serie di esami del sangue che rivelano a che punto è l’infiammazione. Se alcuni parametri fanno scattare l’allarme è necessario il ricovero, altrimenti, se non sussistono questi problemi, la quarantena si può
fare a casa“.